Cosa intendiamo quando parliamo di sistema di autocontrollo HACCP? Quali regole e responsabilità si celano dietro a questo sistema nato negli anni ‘60?
Per parlare di autocontrollo HACCP bisogna prima di tutto spiegare cosa sia il pericolo e il rischio in ambito alimentare.
- Con pericolo intendiamo una contaminazione, una sopravvivenza o una moltiplicazione a limiti inaccettabili di un agente nocivo, in grado di ripercuotersi negativamente sulla salute del consumatore.
- Con rischio si intende la probabilità che un determinato pericolo si manifesti.
Fino agli anni ‘80 la pratica più comune per evitare che le MTA (malattie trasmesse dagli alimenti) arrivassero al consumatore era l’analisi sui prodotti finiti nocivi o ritenuti pericolosi. Come possiamo dedurre, l’analisi sul prodotto finito molto spesso non permetteva di capire in quale fase della filiera si fosse verificato il problema e come si poteva prevedere e/o contenere.
Proprio per questa incapacità di comprendere dove “nasceva” il pericolo negli anni 80 si cambiò rotta e si iniziò a distribuire la responsabilità e il controllo del rischio lungo tutta la filiera del prodotto, coinvolgendo in prima persona tutti gli OSA (operatori del settore alimentare). Da qui nasce il termine di “autocontrollo”.
Il sistema HACCP, acronimo di Hazard Analysis and Critical Control Point, è nato negli anni ‘60 per le missioni della NASA. Il sistema di autocontrollo HACCP ha come principale scopo la prevenzione e grazie all’identificazione dei pericoli specifici, l’applicazione di misure preventive per il loro controllo, si riesce a raggiungere un elevato standard di sicurezza alimentare con risultato finale la totale eliminazione o riduzione a livello accettabile dei potenziali pericoli connessi all’alimento o al processo.
Dal punto di vista operativo, nella sua attività di autocontrollo, l’operatore deve stabilire alcuni obiettivi e il programma da eseguire per operare conformemente al programma stesso, verificare la conformità dei risultati agli obiettivi e in caso di non coerenza di intervenire sugli stessi e documentare per iscritto tutto ciò che viene fatto.
La buona stesura del manuale HACCP e la relativa applicabilità fonda le sue basi sui PROGRAMMI DI PREREQUISITI (PrP). Queste procedure generali sono applicabili a tutte le attività alimentari e incidono in modo determinante sulle caratteristiche igienico-sanitarie dell’alimento. Tra queste troviamo:
- igiene degli ambienti di lavoro e delle attrezzature attraverso un piano di pulizia e disinfezione
- manutenzione degli impianti
- taratura degli strumenti in particolar modo per garantire il rispetto dei CCP
- gestione e garanzia della catena del freddo
- gestione dei rifiuti
- buone prassi di produzione
- tracciabilità e rintracciabilità
- gestione degli infestanti
- buone pratiche igieniche del personale
- formazione del personale
- selezione e qualifica dei fornitori
- controllo di accettazione delle materie prime e imballi (MOCA)
- verifica della corretta etichettatura
Come procedere alla creazione del manuale HACCP.
Le cinque fasi preliminari e i 7 principi fondamentali.
- Nomina del team HACCP
Un team composto da figure con competenze e conoscenze multidisciplinari per identificare correttamente i pericoli e potenziali rischi e identificazione di un responsabile di riferimento.
- Descrizione del prodotto:
- composizione del prodotto finito
- caratteristiche chimico fisiche del prodotto finito
- trattamenti termici utilizzati
- modalità e tipo di confezionamento
- modalità di conservazione e stoccaggio
- data di scadenza o TMC (Termine minimo di conservazione)
- Identificazione dell’uso previsto
- Descrizione del diagramma di flusso per ogni preparazione
- Conferma in loco del diagramma di flusso
Alle cinque fasi operative seguono i 7 principi dell’HACCP:
1.Analisi dei pericoli associati ad ogni fase di produzione
Con particolare attenzione alla ricezione delle materie prime e degli ingredienti che entrano nella composizione del prodotto finito; le materie prime infatti sono il principale punto di ingresso dei pericoli nella filiera e quello più difficile da controllare.
Per l’identificazione si fa riferimento all’albero delle decisioni, uno schema a flusso che tramite domande guida alla soluzione.
All’identificazione dei pericoli segue la stima della loro importanza tenendo conto due parametri: Il rischio (la probabilità che si manifesti) e la gravità.
La probabilità si ricava tramite calcoli noti come “valutazione quantitativa del rischio”; la gravità invece è considerata in una scala da 1-6 dove 1 è gravità bassa e 6 gravità alta.
2.Determinazione dei punti critici di controllo
Quando si parla di CCP si intende un’operazione della catena produttiva che, tenuta sotto controllo stretto e costante, è in grado di ridurre a livelli accettabili o eliminare completamente i pericoli evidenziati al punto 1. I CCP possiamo considerarli della soglie, dei dati da considerare come barriere, dove al di sotto sono accettabili al di sopra sono inaccettabili.
Se un pericolo non è misurabile viene definito CP (PUNTO CRITICO) e se non rientra in nessuno dei due casi diventa una buona prassi di produzione (GMP).
Per esempio: PERICOLO MICROBIOLOGICO nei servizi igienici:
Pericolo: fonte di microrganismi patogeni
Controllo: lavaggio della mani dell’operatore, rubinetto a fotocellula, carta a perdere, sapone disinfettante, controllo delle procedure igieniche.
In poche parole il costante controllo dei CCP assicura una standardizzazione adeguata delle produzioni senza compromettere la sicurezza del prodotto.
3. Determinazione dei limiti critici
Valutando i processi e i prodotti vengono definiti dei parametri da tenere sotto controllo.
4. Determinazione del sistema di monitoraggio
Permette di specificare le misurazioni e le osservazioni da effettuare per assicurare il rispetto dei criteri precedentemente stabiliti, la frequenza della registrazione e le procedure per la documentazione. Grazie al monitoraggio è possibile gestire e migliorare l’operatività e ridurre al minimo le non conformità.
Per il monitoraggio, nella attività più semplici come bar, ristoranti, street food ecc, ci si può avvalere di osservazioni visive, valutazioni sensoriali; mentre nei casi più complessi, come in aziende alimentari con prodotti su larga scala, di esami strumentali per determinare i parametri chimico-fisici più dettagliati.
5.Determinazione delle azioni correttive
Le azioni correttive vanno definite a priori per evitare improvvisazioni e limitare al minimo i danni.
6.Determinazione delle misure di verifica
Le modalità di esecuzione prevedono un controllo di tipo documentale, seguito dal prelievo di campioni da sottoporre alle analisi di laboratorio.
7. Determinazione del sistema di gestione della documentazione
La raccolta e l’archiviazione della documentazione relativa all’autocontrollo permette di risalire , anche a distanza di tempo, alle reali condizioni di lavorazione nelle singole fasi di produzione e quindi provare che l’azienda ha fatto tutto il possibile per far garantire la produzione di alimenti sicuri. Inoltre per le autorità competenti la documentazione è un notevole snellimento delle procedure ispettive. La documentazione è una vera e propria banca dati aziendale.
Concludendo, il sistema HACCP è obbligatorio per legge e non deve essere visto solo come l’insieme di regole ferree da rispettare ma come una linea guida per migliorare il nostro lavoro e la salute del consumatore.
Riferimenti bibliografici: igiene e tecnologie degli alimenti a cura di Giampaolo Colavita (PVI EDIZIONI) 2023